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DEEP VALLEY BLUES – “III”

Copertina di "III" dei Deep Valley Blues
DEEP VALLEY BLUES
"III"

(The Swamp Records, 2021)

I Deep Valley Blues sono un promettente gruppo italiano, autore di uno stoner rock che si distingue per essere ampiamente influenzato dal blues “old style”.

In nemmeno sei anni dalla fondazione, questi quattro agguerritissimi catanzaresi sono già riusciti a realizzare tre album ufficiali, una media pressoché inaudita al giorno d’oggi!
Pubblicato dall’indie statunitense The Swamp Records, “III” è il loro disco più recente ed è anche quello che sfoggia il suono e l’attitudine migliori.

La strumentale “Epitaph (Noir Ballad)” scopre subito le carte con un groove bello cadenzato e robusto, in cui aleggia prepotente lo spettro dei Black Sabbath più plumbei, mentre la successiva “Bronco Buster” alza decisamente il ritmo con un riff granitico e la voce corrosiva del bassista / cantante Giando Sestito. Da notare che il brano di chiusura del disco, “Epitaph (Reprise)”, chiude il cerchio con la “Noir Ballad” riprendendone il riff ma raddoppiandone il tempo e aggiungendo il cantato con un testo dedicato alla leggenda di Robert Johnson.

La formula della band è già chiara dall’uno-due iniziale: base stoner ma con un feeling blues piuttosto marcato che, unito alla grande energia, alla massiccia distorsione delle chitarre di Umberto Arena ed Alessandro Morrone ed al potente drumming di Giorgio Faini, rende i brani scorrevoli e coinvolgenti.
“Malley O’ Mucy”, “Phobos” e “Smokey Mountain Woods” (che, alla faccia degli omonimi rilievi americani, parla della Sila, affermando così l’orgoglio nazionale della band) sono tutti episodi potenti, dalle ritmiche dinamiche e dalle melodie efficaci, che mantengono alto il livello dell’album.

Doverosamente da citare “Maschere”, notevole per essere l’unica canzone in italiano: il brano funziona e personalmente incoraggerei il gruppo a continuare in futuro con altri testi in lingua madre.

Non di sola grinta si vive, comunque: il gruppo sfoggia un gusto melodico fuori dal comune nella blueseggiante “Talisman” e nella più onirica “Mum Darkwoods”, due strumentali di assoluta delicatezza in cui le chitarre lavorano in punta di fioretto creando un’atmosfera splendida.

Tutto sommato, “III” è un disco solido, molto ben suonato e cosa non affatto scontata, ottimamente prodotto.
Se pensiamo che è il prodotto di una band italiana in attività da pochi anni e che è onestamente migliore di tanti album d’oltreoceano, non possiamo che consigliarne l’ascolto a chiunque ami non solo lo stoner ma anche il rock/blues suonato con grinta e passione.

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