FROM THE PAST

CORONER – “Grin” (1993)

CORONER
"Grin"

(Noise, 1993)

“Grin” è il quinto ed ultimo album degli svizzeri Coroner, pubblicato nel 1993 dopo soli sei anni dal debutto discografico.

Il trio di Zurigo si era fin dall’inizio distinto per uno stile molto particolare, un thrash tecnicamente evoluto e complesso, grazie in particolare al chitarrista Tommy T. Baron (nome d’arte di Tommy Vetterli), un vero virtuoso della sei corde.
Non da meno i suoi compagni, il bassista / cantante Ron Royce (Ron Broder) e il batterista Marquis Marky (Marky Edelmann), i quali completavano una band che fu addirittura definita come “i Rush del thrash metal”.

Partiti come roadies dei connazionali Celtic Frost, i Coroner seppero da subito catturare l’attenzione con brani feroci ma intricati, in cui spiccavano influenze neoclassiche e prog con accenni ambient e industrial.
Nel corso dei loro primi album, “R.I.P.” (1987), “Punishment For Decadence” (1988) e “No More Color” (1989), la band portò quasi all’estremo la propria evoluzione, culminata in un “Mental Vortex” (1991) davvero notevole per complessità e perizia tecnica.

Evidentemente resisi conto di aver raggiunto un limite forse insuperabile, i tre elvetici composero infine “Grin”, un disco sostanzialmente diverso dai precedenti.
Uscito in un periodo in cui i grandi del thrash stavano tutti vacillando e pubblicando dischi meno veloci, in certi casi più commerciali e in altri più tendenti al groove che al thrash vero e proprio, questo album non è scampato alla tendenza del periodo ed effettivamente comprende canzoni molto meno veloci ed intricate. A differenza di tanti loro colleghi, però, i Coroner sono comunque riusciti a tirare fuori un’opera molto convincente, non tradendo del tutto il proprio stile ma semplicemente adattandolo a ritmiche e concetti un po’ differenti.

Già l’intro “Dream Path”, dominata dal suono cavernoso del didgeridoo e dalle percussioni, è una dichiarazione di intenti, una traccia fondamentalmente tribale che lascia presagire un’atmosfera plumbea e sinistra.

“The Lethargic Age”, semplice nella sua struttura e con un sound secco e minimale, è un mid tempo vincente che non mancherà di piazzarvisi in testa, davvero un ottimo brano iniziale.

La successiva “Internal Conflicts” ci investe con doppia cassa a manetta e voce resa ancora più minacciosa dai filtri. Un ottovolante di accelerazioni e rallentamenti, è l’episodio più marcatamente thrash del disco, impreziosito da un assolo stratosferico di Baron nella parte centrale.

Già da questi due pezzi si intuisce che la strada scelta dai Coroner è quella di composizioni sì più semplici ma non per questo meno aggressive o tecniche. Anzi, la band è in piena forma: Baron è sempre un mostro col suo strumento, fra riff granitici e assoli splendidamente eclettici; Royce, oltre alla sua inconfondibile voce al vetriolo, offre linee di basso solide, fluide e fondamentali nell’economia dei brani; infine Marky bada molto più alla sostanza che al virtusismo, suonando parti di batteria essenziali ma precise, incisive e trascinanti.

Su “Caveat (To The Coming)” troviamo il primo di diversi squarci melodici che aiutano a mantenere alta l’attenzione, un’intro inaspettatamente gioiosa che sfocia in una solida ritmica quasi funky e un riff portante vivace e contagioso. Senza dubbio una delle migliori canzoni del disco, mette in luce la capacità dei Coroner di uscire dal classico territorio thrash senza per questo perdere un grammo di potenza.

Proseguendo troviamo l’andamento quadrato e marziale di “Serpent Moves”, il riff dinamico di “Status: Still Thinking” e la melodia inquietante di “Paralyzed, Mesmerized”.

Il pezzo forte è però “Grin (Nails Hurt)”, granitica nelle strofe e più melodica sul ritornello, con un testo angosciante e reso alla grande dall’interpretazione di Royce (la cattiveria con cui scandisce parole come “nails… in… my… brain… nails HURT!!!” è roba da far venire i brividi). La violentissima accelerazione finale suggella un brano eccellente, che ritengo il migliore dell’album.

La conclusiva “Host” è infine un tour de force che mischia fusion, elettronica, un’atmosfera da film horror e una coda à-la Pink Floyd, per 8 minuti e mezzo di assoluto valore che purtroppo vanno anche a chiudere la carriera discografica dei Coroner.

Quando “Grin” uscì, probabilmente non fu capito dalla critica, dai fans e forse nemmeno dalla Noise, che in pratica fece poco o nulla per promuoverlo. Nonostante fosse più o meno allineato al trend del periodo, fu snobbato più o meno da tutti e la band finì per sciogliersi nel 1996 dopo un ultimo tour.

È senza dubbio un gran peccato, “Grin” è un album solido, maturo e con molti spunti interessanti, tradito solamente dal fatto di essere troppo “avanti” per il periodo in cui è stato realizzato.

Dal 2010 i Coroner si sono riuniti inizialmente in formazione originale con l’aggiunta del tastierista / effettista Daniel Strössel, per poi sostituire Marky nel 2014 con Diego Rapacchietti. Per quanto siano tornati a suonare con regolarità, non ci sono state però nuove produzioni a parte un DVD celebrativo nel 2016. Si parla comunque di un possibile nuovo album in arrivo teoricamente entro il prossimo anno.

Fino ad allora “Grin” rimarrà come ultima testimonianza in studio di un gruppo di altissimo livello, “bruciato” troppo in fretta ma che aveva e avrebbe ancora, ne siamo sicuri, molto da dire.

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