FROM THE PAST

KAJAGOOGOO – “Islands” (1984)

KAJAGOOGOO
“Islands”

(EMI, 1984)

Molto probabilmente, ai più il nome dei Kajagoogoo non dirà niente, o al massimo sembrerà solo una parola bizzarra e senza alcun senso.
Se però citiamo “Too Shy” e aggiungiamo il nome di Limahl, sicuramente la lampadina si accenderà nella testa di parecchie persone.

Formati nel 1978 in Inghilterra, i Kajagoogoo hanno iniziato a ingranare reclutando tal Christopher Hamill, un cantante di talento (e di bell’aspetto) meglio noto come Limahl: con lui hanno inciso il singolo “Too Shy”, che nel 1983 ha sbancato le classifiche di tutto il mondo, diventando un vero classico del genere che allora veniva definito “new wave”.
Contemporanei e stilisticamente affini ai ben più famosi Duran Duran, i cinque giovanotti riuscirono perfino a farsi produrre il singolo da Nick Rhodes, che anni dopo rimarcherà come “Too Shy” sia arrivata in cima alla classifica inglese prima di qualunque canzone degli stessi Duran Duran.

Altri due singoli (“Ooh To Be Aah” e “Hang On Now”) e un album di debutto (“White Feathers”) ottimamente recepiti sembravano spianare alla band la strada verso un successo planetario e duraturo.

Invece, come spesso accade, la sorte ha avuto altri piani…

La fama repentina deve aver giocato un brutto scherzo a Limahl, dal momento che è stato buttato fuori dal gruppo dopo nemmeno un anno dalla pubblicazione del primo singolo. Possiamo solo immaginare quanto le tensioni interne fossero serie, se hanno portato una band esordiente ad estromettere un frontman a cui dovevano una bella fetta del proprio successo!

Oscurati dai colleghi Duran Duran, che nel frattempo erano diventati delle ultramegastar mondiali, i Kajagoogoo hanno comunque scelto di continuare come quartetto, affidando il microfono al bassista Nick Beggs e pubblicando il secondo album “Islands” nel 1984.

Proprio “Islands” è il disco dei Kajagoogoo che vorrei qui ricordare, perché si tratta di un album di assoluto valore che avrebbe meritato un riconoscimento di gran lunga maggiore.

Prima di tutto va detto che il già citato Nick Beggs era ed è ancora oggi un Musicista con la M maiuscola: bassista eccellente e cantante più che valido, Beggs in questo album suona basso e chapman stick con una tecnica e una padronanza di certo non comuni. Il tutto acquista ancora più valore se si considera che “Islands” è uscito in un periodo in cui il pop diventava ogni giorno più dominato da sequencer, sampler, sintetizzatori e batterie elettroniche. Elementi che sono ovviamente ben presenti in tutto l’album ma che sono anche perfettamente bilanciati da un gruppo di strumentisti seri, capaci e in grado di far sembrare semplici delle parti rimiche tutt’altro che banali.

Mi permetto un plauso agli stessi Kajagoogoo, ai Duran Duran e agli Spandau Ballet, per essere fra gli ultimi gruppi musicali composti da musicisti VERI, nonostante siano sempre stati bollati come “boy band”.
Troppo spesso ci siamo fermati all’immagine di una band quando invece la carne al fuoco c’era, eccome.

Tornando ad “Islands”, stiamo parlando di un disco godibilissimo che si destreggia agevolmente fra pop, funk e soul: canzoni come la dinamica “The Lion’s Mouth”, la rilassata ma ritmata “On A Plane” o la mellifua “Melting The Ice Away” sono ottimi esempi di pop “adulto”, melodie gradevoli e arrangiamenti di alto livello.

Il pezzo forte è tuttavia il singolo “Big Apple“, che personalmente adoravo da bambino dopo averla sentita al juke box al mare (salvo poi scordarmi il nome della band per anni!): un brano che “acchiappa” subito con un riff di tastiera semplice ed efficace per poi evolvere in un’energica strofa dominata dallo slapping di Beggs e infine in un ritornello che ti si stampa in testa per ore. Ecco una canzone che avrebbe dovuto avere un successo ben maggiore di quanto abbia mai ottenuto!

Assolutamente non da meno l’altrettanto frizzante “Turn Your Back On Me“, brano stupendo che strizza l’occhio alla disco dance settantiana, di nuovo con una linea di basso killer e un refrain vincente, di quelli che in inglese si definirebbero “infectious“.

Lenta ed atmosferica è invece la title track dove si sconfina nel soul, molto ben cantata se non fosse per quella frase “no man is an island” ripetuta col vocoder… Questo è un caso in cui la tecnologia ha rovinato una gran bella canzone!

Notevole, infine, la strumentale “The Loop” che chiude il disco, un brano arioso e tendente vagamente al jazz con la chitarra di Steve Askew e le tastiere di Stuart Neale che si ritagliano un po’ di meritato spazio, oltre ad una massiccia presenza di fiati.

Peccato davvero che “Islands” non abbia avuto la diffusione e il seguito che avrebbe meritato, è un disco che si ascolta con molto piacere, cantato bene e suonato benissimo ma ahimé, evitentemente i Kajagoogoo nel 1984 non avevano solo perso il cantante ma anche il treno per il successo.

Solamente un anno dopo hanno infatti finito per sciogliersi, subito dopo aver pubblicato il terzo album (a nome Kaja) “Crazy Peoples Right To Speak”, passato largamente inosservato.
Prima di rivedere la band insieme, incluso Limahl, sono dovuti passare 18 anni: riformati prima brevemente nel 2003 e di nuovo con più continuità nel 2007, i Kajagoogoo hanno “vivacchiato” suonando in giro per qualche anno per poi fermarsi nuovamente dieci anni fa, stavolta pare in maniera definitiva.

Rimane il rammarico di non aver potuto sentire come si sarebbe evoluto un gruppo di talento come i Kajagoogoo, che ha avuto una vita discografica decisamente troppo breve.
Quanto meno, nel frattempo Nick Beggs non è certo stato con le mani in mano, suonando stabilmente insieme ad artisti del calibro di Steve Hackett e Steven Wilson da oltre un decennio e pubblicando ogni tanto qualche album solista.

Se comunque volete scoprire come si potesse fare “pop” in maniera sopraffina, “Islands” è un eccellente punto di partenza.

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